EDITORIALE DELLA FONDAZIONE
A cinquant’anni dalla tragica notte dell’Idroscalo di Ostia, Pier Paolo Pasolini continua a interrogarci. Il suo sguardo lucido, profondo e mai compiacente rimane una lente attraverso cui leggere le contraddizioni del nostro tempo: il potere, l’omologazione culturale, la perdita dei valori e il bisogno di una libertà autentica. La sua eredità intellettuale non è solo memoria, ma strumento vivo di comprensione della società contemporanea.
Un intellettuale scomodo e necessario
Poeta, scrittore, regista, pittore, giornalista: Pier Paolo Pasolini è stato una delle figure più complesse e coraggiose del Novecento italiano. La notte del 2 novembre 1975, la sua vita fu brutalmente interrotta in un campo dell’Idroscalo di Ostia. Un delitto ancora avvolto nel mistero, simbolo dell’inquietudine di un’epoca e della fragilità di chi ha scelto di non piegarsi al silenzio.
Ma ciò che sopravvive, oggi più che mai, è il suo pensiero: una forma di resistenza civile e culturale, capace di mettere a nudo le ipocrisie di una società in trasformazione.
La visione critica di una società in cambiamento
Pasolini è stato figlio del Novecento, ma anche profeta del futuro. Nelle sue opere denunciò la perdita dell’autenticità, l’impoverimento culturale e l’alienazione prodotta dal progresso capitalistico.
Analizzava con precisione chirurgica i mutamenti sociali, le periferie, le classi dimenticate. Era un osservatore che non si limitava a descrivere: interrogava la realtà, smascherando i meccanismi del potere e del conformismo.
Il suo sguardo resta un atto di libertà, un invito a non accettare passivamente la realtà, ma a comprenderla per cambiarla.
Dalla televisione ai social, la profezia dell’omologazione
Quando Pasolini individuava nella televisione il nuovo strumento di controllo delle coscienze, difficilmente poteva immaginare l’arrivo dei social media. Eppure, la sua analisi resta di una lucidità impressionante.
Oggi la rete riproduce le stesse dinamiche di omologazione che egli denunciava nei mass media: la perdita della capacità critica, la manipolazione delle opinioni, la riduzione della cultura a spettacolo.
Il suo monito contro il consumismo e il conformismo suona come una lezione ancora attuale: difendere la libertà di pensiero significa resistere alla dittatura del consenso.
L’attenzione verso i giovani e le periferie
Pasolini non fu mai un intellettuale chiuso nel proprio studio. Scese nelle strade, tra i ragazzi delle borgate romane, per raccontarne la dignità e la disperazione.
Nel romanzo “Ragazzi di vita” diede voce a un’umanità invisibile, mostrando la povertà e la violenza di un mondo dimenticato. Fu accusato di oltraggio al pudore, ma in realtà aveva semplicemente mostrato la verità: la vita dei giovani di strada, spogliata di retorica e ipocrisia.
Quella sensibilità verso gli ultimi rimane una delle eredità più forti del suo pensiero.
L’eredità culturale e morale
La produzione pasoliniana — dai romanzi ai film, dai saggi agli articoli — è un archivio di riflessioni ancora vive.
In ogni opera si avverte la sua battaglia contro la disuguaglianza, la decadenza dei valori tradizionali e la crisi della cultura popolare.
Pasolini era un uomo libero, spesso in contrasto con il potere e con il pensiero dominante. Il suo coraggio nel dire ciò che altri tacevano ne ha fatto un simbolo di coerenza e integrità intellettuale, una voce che continua a risuonare come monito e speranza.
Pasolini oggi, un invito a non smettere di pensare
Rileggere Pasolini significa confrontarsi con le nostre stesse contraddizioni. La sua opera ci chiede di non smettere di pensare, di osservare il mondo con onestà, di usare la cultura come strumento di consapevolezza e non come rifugio elitario.
Cinquant’anni dopo, la sua lezione resta un faro per chi crede ancora che la parola possa cambiare le cose.
28 Ottobre 2025 © Redazione PANTAREI Fondazione Premio Antonio Biondi

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