EDITORIALE DELLA FONDAZIONE

Giacomo Matteotti, il coraggio civile che sfidò il potere

Ricordiamo Giacomo Matteotti, simbolo di coraggio civile contro la violenza del fascismo.

Giacomo Matteotti, il coraggio civile che sfidò il potere

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Il 10 giugno 1924 fu assassinato per aver denunciato la verità in Parlamento

Giacomo Matteotti rappresenta una delle figure più limpide, coraggiose e tragicamente attuali della nostra storia politica. Il suo nome è legato in modo indelebile alla lotta contro il fascismo nascente e alla difesa della democrazia in un’epoca in cui prendere posizione significava mettere a rischio la propria vita. Il 10 giugno del 1924, esattamente cento e uno anni fa, Matteotti veniva rapito e assassinato da un gruppo di squadristi su mandato politico, per aver osato dire pubblicamente ciò che troppi tacevano.

Un riformista con lo sguardo rivolto ai diritti dei lavoratori

Nato a Fratta Polesine nel 1885, Matteotti fu un intellettuale, un giurista e soprattutto un politico socialista, impegnato fin da giovane nelle battaglie per i diritti civili e sociali. Deputato del Partito Socialista Unitario, dedicò gran parte della sua attività parlamentare alla denuncia delle ingiustizie e delle violenze che il regime fascista stava imponendo in Italia già dagli anni immediatamente successivi alla marcia su Roma del 1922. La sua formazione giuridica e la profonda coscienza morale lo portarono a essere una voce fuori dal coro, capace di argomentare con lucidità e rigore le proprie posizioni.

Il discorso che gli costò la vita

Il 30 maggio 1924, in Parlamento, Matteotti pronunciò uno dei discorsi più coraggiosi della storia repubblicana: denunciò pubblicamente i brogli elettorali, le violenze squadriste e le intimidazioni che avevano caratterizzato le elezioni politiche appena svolte. Quel discorso segnò la sua condanna a morte. Dieci giorni dopo, fu rapito in pieno giorno a Roma da cinque uomini legati al regime fascista. Il suo corpo venne ritrovato solo due mesi dopo, in un bosco a Riano, barbaramente ucciso.

Un’eredità morale che non può essere dimenticata

La morte di Giacomo Matteotti segnò un punto di svolta nella storia d’Italia. Il silenzio e la complicità delle istituzioni dell’epoca, l’incapacità delle opposizioni di reagire con forza, e l’ambiguità dello stesso Mussolini nei giorni successivi al delitto, rafforzarono il regime invece che abbatterlo. Ma la figura di Matteotti rimase, per i decenni successivi, simbolo di integrità, coerenza e resistenza morale. Ancora oggi è una delle figure più citate quando si parla di libertà di parola, opposizione al potere assoluto e rispetto della legalità costituzionale.

Il suo nome nel cuore delle istituzioni

A lui sono intitolate piazze, scuole, biblioteche, istituti e circoli culturali. E non a caso. Ricordare Giacomo Matteotti non è soltanto un dovere civico, ma un gesto di memoria attiva, un richiamo costante alla responsabilità che ogni democrazia ha nei confronti della propria storia e dei suoi martiri. In tempi in cui la democrazia stessa viene spesso vissuta con disillusione, la sua figura rappresenta un monito potente: non si può essere neutrali quando la libertà è sotto attacco.

Ricordare oggi, per non tornare indietro

Il 10 giugno non è solo la data di un assassinio politico. È il giorno in cui l’Italia ha perso una delle sue voci più lucide. Ma è anche il giorno in cui possiamo scegliere di non dimenticare. Ogni anno, ogni 10 giugno, siamo chiamati a riflettere non solo su Giacomo Matteotti ma su ciò che rappresentò: il diritto alla verità, il dovere del coraggio, e l’insopprimibile libertà di denunciare ciò che è ingiusto.


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10 Giugno 2025 © Redazione PANTAREI Fondazione Premio Antonio Biondi

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