EDITORIALE DELLA FONDAZIONE

Quando la salute costringe a partire, non per scelta ma per necessità

La migrazione sanitaria in Italia rivela un sistema fragile, dove la cura diventa un privilegio geografico e le famiglie pagano un prezzo troppo alto.

Quando la salute costringe a partire, non per scelta ma per necessità

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Ogni anno migliaia di italiani si spostano per curarsi, affrontando viaggi estenuanti e costi pesanti a causa delle disuguaglianze sanitarie regionali

In Italia, una delle forme meno visibili e più dolorose di migrazione è quella sanitaria. Si parla di migliaia di persone costrette a lasciare la propria regione per ricevere cure mediche appropriate altrove. Non si tratta di turismo sanitario, ma di veri e propri viaggi della speranza, affrontati in condizioni di fragilità, tra stress, spese impreviste e lontananza dai propri cari. È una mobilità che aggiunge al dolore della malattia quello dello sradicamento, aggravando il peso psicologico e finanziario della cura.

Spese in crescita anche se i ricoveri diminuiscono

Secondo l’ultimo report dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), nel 2023 il numero di ricoveri in mobilità è sceso rispetto al 2019, passando da 707.811 a 668.145. Ma c’è un dato che preoccupa: la spesa è comunque aumentata, passando da 2,84 a 2,88 miliardi di euro. Un segnale che le prestazioni richieste fuori regione non solo restano numerose, ma sono spesso ad alta complessità e costo. Lo spostamento, inoltre, comporta spese vive per il paziente e la sua famiglia, che vanno ben oltre il ricovero: trasporti, alloggi, giorni di lavoro persi.

La voce del terzo settore, tra volontariato e proposte di legge

A fronte di questa realtà, alcune associazioni si fanno carico del problema accogliendo pazienti e familiari in strutture gratuite o a basso costo. CasAmica, presente in Lombardia e nel Lazio, ha registrato nel solo 2023 un aumento del 25 per cento delle richieste di ospitalità, fornendo oltre 40mila notti di accoglienza.

Disparità evidenti tra nord e sud, e i bambini sono i più penalizzati

Uno studio condotto da Emg Different per CasAmica ha messo in luce dati inquietanti: l’81 per cento del campione esaminato (residenti in Calabria, Puglia, Campania, Sicilia e Sardegna) ha avuto bisogno di cure mediche negli ultimi tre anni, e circa un milione di persone ha dovuto cercarle fuori dalla propria regione. Le ragioni? Migliori strutture, medici più competenti o cure semplicemente non disponibili localmente. Un dato che diventa ancora più allarmante quando riguarda i minori: secondo Uniamo, nel caso di malattie rare quasi un paziente su tre tra i bambini è costretto alla mobilità sanitaria.

Tumore al pancreas e malattie rare, i casi più gravi tra diagnosi e viaggi

Tra le patologie che più frequentemente costringono a spostamenti ci sono le malattie rare e i tumori complessi come quello al pancreas. Il caso emblematico riguarda proprio i pazienti affetti da adenocarcinoma pancreatico: i dati Agenas dimostrano che il 40 per cento dei malati del sud Italia – con punte del 76 per cento in Calabria – è costretto a spostarsi verso il nord per ricevere un trattamento adeguato. Solo Lombardia, Veneto e Toscana, secondo Codice Viola, garantiscono cure chirurgiche adeguate a questa malattia.

Costi nascosti che pesano sulle famiglie e servono soluzioni strutturali

Oltre al costo per il sistema sanitario, esistono costi indiretti e spesso trascurati: spese logistiche che possono superare i 5.000 euro, tenendo conto di trasporti, alloggi, degenze e visite specialistiche. Costi che non tutti possono affrontare e che creano una diseguaglianza di accesso alla salute legata alla disponibilità economica. Come afferma Piero Rivizzigno, presidente di Codice Viola, il sistema attuale produce uno squilibrio territoriale che penalizza i più fragili. Per questo diventa urgente non solo mappare il fenomeno, ma agire con politiche concrete di compensazione e assistenza.

Serve una rete solidale tra istituzioni, sanità e volontariato

Il problema della migrazione sanitaria non può essere risolto solo con dati e statistiche: serve una rete forte tra istituzioni pubbliche, ospedali e associazioni del terzo settore. Solo così si potranno ridurre le disuguaglianze, offrire assistenza reale a chi soffre e garantire a tutti, ovunque si trovino, il diritto costituzionale alla salute. Il volontariato, da solo, non basta: è tempo che lo Stato prenda in carico anche questo aspetto della cura, finora rimasto ai margini delle politiche sanitarie.


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27 Maggio 2025 © Redazione PANTAREI Fondazione Premio Antonio Biondi

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