EDITORIALE DELLA FONDAZIONE
In Italia, l’età media di pensionamento si attesta a 64,2 anni, inferiore ai 67 anni richiesti per la pensione di vecchiaia. Questo squilibrio, insieme alla generosità dei trattamenti pensionistici, potrebbe creare difficoltà per il sistema previdenziale, come segnalato nel Rapporto annuale dell’Inps. Il governo è chiamato a valutare nuove misure nella manovra economica per affrontare queste problematiche e favorire la permanenza in servizio, soprattutto per i dipendenti pubblici, fino ai 70 anni.
Spesa previdenziale: l’Italia ai vertici in Europa
Secondo i dati del 2021, la spesa previdenziale italiana ha raggiunto il 16,3% del Pil, seconda solo alla Grecia, mentre la media europea è del 12,9%. Tra il 2019 e il 2023, i pensionamenti anticipati rispetto all’età di vecchiaia sono diminuiti, passando da circa 500mila nel 2019 a 300mila nel 2023. Questo cambiamento è stato influenzato anche da politiche come "Quota 100" e dal sistema che permette l’uscita con 42 anni e 10 mesi di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica.
Il divario di genere: donne ancora penalizzate
Al 31 dicembre 2023, su 16,2 milioni di pensionati, le donne rappresentavano il 52% del totale, ma percepivano solo il 44% dei redditi pensionistici. In media, il reddito da pensione per gli uomini era di 2.056,91 euro al mese, contro i 1.524,35 euro delle donne. Questo divario del 35% evidenzia una disparità che continua a caratterizzare il sistema previdenziale italiano, penalizzando le donne, nonostante la loro maggioranza tra i pensionati.
Aumento degli iscritti all’Inps e occupazione in crescita
Nel 2023, il numero di lavoratori iscritti all’Inps ha superato i 26,6 milioni, con un aumento di oltre 1,08 milioni rispetto al 2019. La crescita occupazionale è stata trainata dai dipendenti privati a tempo indeterminato, mentre si è ridotta la presenza degli autonomi. Inoltre, si registra un incremento significativo di lavoratori provenienti da Paesi extra Ue, con un saldo positivo di 540mila.
Il calo del potere d’acquisto e il peso del taglio del cuneo fiscale
Nonostante il recupero occupazionale, il potere d’acquisto dei salari è diminuito a causa dell’inflazione. L’aumento lordo dei salari è stato del 6,8%, contro un’inflazione che ha sfiorato il 15-17%. Tuttavia, il taglio del cuneo fiscale ha contribuito ad alleviare in parte questo squilibrio, con il 79% dei lavoratori che ha beneficiato della riduzione contributiva, in media di 100 euro al mese.
26 Settembre 2024 © Redazione PANTAREI Fondazione Premio Antonio Biondi
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