EDITORIALE DELLA FONDAZIONE

Piazza Navona

Una delle piazze più belle del mondo

Piazza Navona

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Piazza Navona è una delle più celebri piazze monumentali di Roma, fatta costruire dalla famiglia
Pamphili per volere di Papa Innocenzo X (Giovanni Battista Pamphili), su quello che un tempo,
nell’antica Roma, era lo Stadio di Domiziano, che l’Imperatore volle nell’85 e che fu inaugurato in
occasione del primo Certamen Capitolino Iovi, competizione ginnica di cadenza quadriennale,
istituito nell’86 d.C.

Nel III secolo fu ristrutturato da Alessandro Severo, dopo che un incendio avvenuto ai tempi di Marco
Opellio Macrino lo distrusse completamente.

La pianta originale era una grande arena lunga 265 metri, larga 106, con una estremità ad emiciclo e
l’altra dritta e un poco obliqua e poteva ospitare 30mila spettatori.

I resti dello Stadio si trovano a 5-6 metri al di sotto dell’odierno piano stradale ed è possibile vederli
ancora oggi sotto un palazzo moderno in Piazza di Tor Sanguigna e nei sotterranei della Chiesa
di Sant’Agnese in Agone.

Lo Stadio rimase perfettamente conservato e funzionante fino al V secolo, dopo di che iniziò la
decadenza e venne adibito, come tanti altri monumenti romani, a cava
di materiali: le strutture elevate vennero assorbite dalle fondazioni di palazzi e chiese.

Costruito in blocchi di travertino e mattoni, rivestito di stucco modanato e colorato, era l’unico
esempio di Stadio in muratura fino ad oggi conosciuto a Roma: era decorato da statue, tra cui quella di
Pasquino che si dice essere un frammento di un’opera in stile ellenistico, forse rappresentante
Menelao che sorregge il corpo di Patroclo morente oppure Aiace con il corpo di Achille o anche Ercole
in lotta con i Centauri; Pasquino si può vedere nella omonima piazza di fianco a Piazza Navona, ed è
conosciuta per essere la più famosa statua parlante di Roma.

Questo perché, tra il XVI ed il XIX secolo, ai suoi piedi, ma più spesso al collo, si appendevano nella
notte fogli contenenti satire in versi, dirette a farsi beffe anonimamente dei personaggi pubblici più
importanti, dai quali traspariva il malumore popolare nei confronti del potere e l’avversione alla
corruzione ed all’arroganza dei suoi rappresentanti: questi volantini venivano chiamati Pasquinate e
ancora oggi, anche se su una bacheca appositamente predisposta, vengono affisse satire anonime.
Tornando allo Stadio, non essendo un circo, non ci stavano i carceres, cioè i cancelli da cui uscivano i
cavalli da corsa, né la spina, il muro divisorio intorno cui correvano i cavalli, come per esempio era il
Circo Massimo: tutto era libero ed utilizzato per le sole gare di atletica, per imitare le competizioni
delle Olimpiadi greche, motivo per cui in origine la Piazza si chiamava In Agone (dal latino agon, cioè
gioco) ed era di forma concava; quando si bloccavano le chiusure delle tre Fontane l’acqua usciva in
modo da allagare la piazza.

Si pensa che nel tempo il nome In Agone sia cambiato In Navone ed infine, per la somiglianza con il
profilo cavo di una nave, il nome divenne Navona.

Tra il X e l’XI secolo il Campus Agonis con le sue Cryptas erano di proprietà dell’Abbazia di Farfa, poi
nel XIII secolo passarono sotto il controllo del magistrato romano della Camera Capitolina e sarà
utilizzata sempre a fini ludici fino all’età rinascimentale: la proprietà in quel periodo era divisa tra
privati ed enti ecclesiastici.

I resti dello Stadio, ormai ridotti in rovina, furono lastricati per creare la Piazza che tornò ad essere
utilizzata per scopi ludici tra il X ed il XII secolo: durante il suo Pontificato Paolo II (Pietro Barba) decise
di utilizzare gli ampi spazi della Piazza per ospitare il Carnevale, mentre il suo successore, Sisto IV, il
25 aprile del 1476, giorno di San Marco, optò per offrire al popolo una Giostra che venne collocata al
centro dell’odierna Piazza.

Nel 1477, sempre sotto il pontificato di Sisto IV, la zona venne adibita a sede del mercato rionale in
quanto, proprio su espressa richiesta papale, Piazza Navona fu individuata come la sede più consona
per trasferirvi il mercato che, fino proprio alla riqualificazione sistina, si teneva sulla Piazza del
Campidoglio tra i “nobili” Palazzo Senatorio e Palazzo dei Conservatori.

Tra il 1810 ed il 1839 nella Piazza si tenevano le Corse al Fantino con cavalli montati (simili alle Corse
dei Berberi che si tenevano in Via del Corso).

Piazza Navona, interamente rivestita in sampietrini, ancora oggi ha la pianta di forma rettangolare
allungata che termina, su uno dei due lati più corti, con un semicerchio.

È dotata di tre Fontane, la Fontana dei Quattro Fiumi di Gian Lorenzo Bernini (i fiumi rappresentati
sono il Danubio, il Gange, il Nilo e il Rio de la Plata, cioè i quattro angoli della terra), la Fontana del
Moro e la Fontana del Nettuno.

La Fontana dei Quattro Fiumi, opera scenografica costruita tra il 1647 e il 1651, è la più grande delle
Fontane: immaginata come una grande scogliera di travertino, scavata da una grotta con quattro
aperture, sorregge al centro l’obelisco di granito alto 16 metri (prima posto nel Circo di Massenzio,
tuttora sulla Via Appia Antica) sulla cui sommità ci sta una colomba in bronzo, la stessa colomba che
porta nel becco un ramo di ulivo che insieme agli stemmi della famiglia del Papa è visibile sulla parte
alta della scogliera.

I giganti in marmo bianco, posati sulla base di travertino (opera di Giovan Maria Franchi-1648) , sono
sculture nude che, come detto precedentemente, rappresentano le allegorie dei grandi fiumi dei
quattro continenti allora conosciuti e dovevano celebrare il potere pontificio nel mondo: il Danubio
(Antonio Raggi-1650) simboleggia l’Europa con una figura avvolta a spirale rivolta verso un cavallo; il
Rio de la Plata (Francesco Baratta-1651) è rappresentato da un personaggio con accanto un armadillo
che alza un braccio a simboleggiare la recente colonizzazione del continente americano; il Nilo
(Giacomo Antonio Fancelli-1650), è raffigurato da una statua che si copre il volto che simboleggia le
sue sorgenti ancora ignote a quei tempi, con il leone e la palma a emblema del continente africano;
infine il Gange (Claude Poussin-1651), fiume sacro, è personificato da una solenne figura barbuta che
tiene un remo in mano ed ha accanto un drago.

L’acqua che sgorga tra le masse di travertino crea un effetto suggestivo perché zampilla da un’unica
fonte, ma poi scende con un movimento impetuoso tra animali selvatici, palme, peonie, agavi e piante
rampicanti, lasciando stupefatto chiunque guardi l’opera.

La Fontana del Moro, opera scolpita nel 1654 da Ludovico Rossi di Fiesole su un disegno originale del
Bernini, è realizzata in marmo antico ed è la più antica delle tre Fontane, situata nell’estremità sud di
Piazza Navona.

Un uomo-marino dalle colossali dimensioni spicca su un’enorme conchiglia mentre lotta con un
delfino, e le maschere e le sculture dei tritoni sono copie degli originali visibili oggi nei giardini di Villa
Borghese.

La Fontana del Nettuno, voluta da Papa Gregorio XIII, è un complesso monumentale all’estremità
settentrionale di Piazza Navona, realizzata in marmo portasanta rosa.

Progettata nel 1574 da Giacomo della Porta assieme alla Fontana del Moro, aveva lo scopo di ottenere
una forma simile alle due fontane con tritoni e grandi maschere, ma non fu mai completata e per circa
300 anni la fontana rimase senza sculture.

Solo nel XIX secolo al centro della fontana si è potuto ammirare il dio dell’acqua Nettuno (opera di
Antonio della Bitta), ritratto con il suo tridente in lotta con un grande polpo, con a fianco due
cavallucci marini, sirene e amorini che giocano con i delfini (create da Gregorio Zappalà).

Di fronte alla Fontana dei Quattro Fiumi si trova invece la Chiesa di Sant’Agnese in Agone realizzata da
Borromini tra il 1652 e il 1672.

Piazza Navona è il classico simbolo della Roma barocca, come possiamo vedere dagli elementi
architettonici e scultorei degli artisti che hanno inserito in questo contesto le loro opere: i già citati
Bernini e Borromini e Girolamo Rainaldi, il primo progettista della Chiesa di Sant’Agnese, a lui
commissionata da Innocenzo X Pamphili, il cui monumento funebre si trova all’interno della Chiesa
che doveva essere una specie di cappella privata per la famiglia il cui palazzo sorgeva proprio lì
accanto.

Successivamente, fu Francesco Borromini a proseguire i lavori della Chiesa, cambiando il progetto
originario, ma alla fine la costruzione fu completata da Carlo Rainaldi, il figlio di Girolamo.

Il motivo per cui fu “costruita” la Piazza era per celebrare la grandezza dei Pamphili, che erano in
competizione con i Barberini ed i Farnese, e fu proprio Innocenzo X che oltre al palazzo omonimo volle
che la Piazza fosse ornata con opere di valore.

Palazzo Pamphili, dal 1960 sede dell’Ambasciata del Brasile, dopo il rifiuto all’architetto Francesco
Borromini le cui proposte sul progetto non furono mai accettate, fu opera di Girolamo Rainaldi, mentre
a Pietro da Cortona fu commissionata la decorazione della volta della prestigiosa Galleria in cui sono
descritte scene della vita di Enea, il leggendario fondatore di Roma.

Di fronte a Palazzo Pamphili sorge la chiesa di Nostra Signora del Sacro Cuore, già conosciuta come
San Giacomo degli Spagnoli, eretta in occasione del Giubileo del 1450.

Tornando alla “ricostruzione” della Piazza, furono demoliti alcuni palazzi, come Palazzo Cybo e
Palazzo Mellini, ed indetta una gara per aggiudicare le commesse a cui parteciparono i principali
architetti dell’epoca: un ruolo fondamentale lo ebbe Donna Olimpia Maidalchini (cognata di Papa
Innocenzo X, molto “disinvolta” ed influente), a cui si dice che Bernini inviò un modellino in argento del
suo progetto della Fontana e che fu, quindi, grazie a lei che mostrò al Papa questo modellino che
Innocenzo X rimase talmente colpito dal manufatto da decidere di affidare al Bernini piuttosto che al
Borromini il progetto della Fontana dei Quattro Fiumi; secondo altri, fu sempre lei ad influenzare la
scelta su Borromini per sostituire Rainaldi nel completamento della Chiesa.

La Chiesa ricorda il martirio di Sant’Agnese che si svolse proprio in quel luogo e che, secondo la
leggenda, sarebbe stata eretta direttamente sul postribolo in cui avvennero i fatti.

Le notizie sulla vita e il martirio di Sant’Agnese sono varie e contrastanti: secondo lo scrittore Mario
Sgarbossa, il figlio del prefetto di Roma si era invaghito di Agnese, una ragazzina di 12 anni della gens
Claudia, senza essere ricambiato, avendo la giovane fatto voto di castità a Gesù.

Dopo il rifiuto della ragazzina, il padre del giovane, saputo del voto di castità, le impose la clausura fra
le Vestali, con le quali avrebbe dovuto rendere culto alla Dea che proteggeva la città di Roma.

Ma Agnese rifiutò anche questa imposizione: il prefetto la fece quindi rinchiudere in un postribolo, ma
nessun cliente ebbe mai il coraggio di toccarla, tranne un uomo che la tradizione religiosa racconta
venne accecato da un Angelo ma a cui, successivamente, per intercessione della stessa Agnese, Dio
rese la vista.

A quel punto Agnese, accusata di magia, fu condannata al rogo, ma le fiamme si divisero sotto il suo
corpo senza neppure lambirlo e i suoi capelli crebbero tanto da coprire la sua nudità.

Dopo questo miracolo, Agnese fu trafitta con un colpo di spada alla gola.

Tale morte spiega il motivo per cui la martire viene rappresentata iconograficamente con un agnello,
che era d’uso subire la stessa sorte.

Dopo la sua morte, il corpo fu sepolto nella catacomba oggi nota come Catacomba di
Sant’Agnese (sulla Via Nomentana, nel quartiere Trieste) mentre il suo cranio è esposto in una
cappella nella Chiesa di Piazza Navona.

Una curiosità: è dai fornici ubicati nei sotterranei dell’edificio che la parola latina fornices assunse
anche il significato di lupanare, da cui la derivazione della radice del verbo fornicare.

Altra leggenda su Piazza Navona è quella che racconta della rivalità sempre esistita fra il Bernini e il
Borromini: a due delle quattro statue dei Fiumi, Gian Lorenzo Bernini avrebbe concesso speciali
“tutele” contro l’opera del Borromini.

Al Nilo una benda sulla testa per sottrarsi all’infelice visione e al Rio de la Plata una mano protesa per
ripararsi da un eventuale crollo della Chiesa: la leggenda è completamente infondata, in quanto la
Fontana fu realizzata prima della Chiesa e la benda del Nilo era stata messa perché ancora non erano
state scoperte le sorgenti del fiume.

Riguardo la Statua di Sant’Agnese sulla facciata della Chiesa, si dice che la mano sul petto, insieme
all’espressione del volto, sia segno di sconcerto…

Dal XVII secolo fino alla metà del XIX, durante i mesi caldi il mercato qui trasferito nel 1477 era
sospeso perché la Piazza, che allora aveva il fondo concavo, veniva allagata per refrigerare la
cittadinanza: il 23 giugno 1652 Papa Innocenzo X inaugurò la consuetudine di chiudere il sabato sera il
“chiavicone”, cioè la grossa fogna che all’epoca si trovava presso la Fontana del Moro, affinché
l’acqua delle Fontane traboccasse e in due ore venisse inondata la parte concava della Piazza che
così rimaneva fino all’una di notte della domenica.

Tale procedura, prima di venire abolita, venne abilmente documentata sia attraverso pregevoli
testimonianze artistiche, come si può ben vedere nel celebre dipinto Giochi d’acqua in Piazza
Navona di Giovanni Paolo Panini (oggi conservato presso il Landesmuseum di Hannover), sia
mediante preziosi scatti fotografici della seconda metà dell’Ottocento.

La Piazza, all’epoca del Rinascimento, divenne il Circo Massimo dei romani per le feste
carnevalesche, i tornei, le corse, le cacce, le rappresentazioni sceniche ed i giochi di ogni maniera, ma
questa del “lago” rimarrà tra i più celebri e singolari, in memoria anche delle natatorie e delle
naumachie (le famose “battaglie navali”).

Proseguendo nella storia, l’Ottocento si segnala come l’epoca nella quale Papa Pio IX, il più longevo
tra i Pontefici, decise, nel 1866, di abolire definitivamente il noto “allagamento” della Piazza.

Nel tempo, visto anche il sempre più crescente turismo, il mercato fu pian piano riversato sul già
esistente vicino mercato di Campo de’ Fiori e limitato a Piazza Navona per il solo periodo natalizio: nel
pittoresco mercato, aperto giorno e notte, ancora oggi vengono venduti i classici alberi con
decorazioni di ogni genere, presepi e le tipiche statuine che li popolano, gli stand sono illuminati da
festoni luminosi e oltre ai gadget fatti a mano ideali come doni natalizi si trovano leccornie per grandi e
piccini, dallo zucchero filato alla mela stregata...

Il valore tradizionale di questo mercato si ha in particolare con la ricorrenza dell’Epifania, il 6 gennaio,
a chiusura delle festività natalizie: la tradizione dice che durante la notte della vigilia la Befana, la
strega buona a cavallo del suo manico di scopa, vada a portare i doni ai bambini riempiendo le calze
poste sul camino con tanti regali se sono stati bravi oppure con il carbone se sono stati cattivi.

In questo giorno, ci sono spettacoli di burattini, clown, musica e balli per la felicità dei piccoli
spettatori.

Infine, dal dopoguerra in poi artisti, pittori e disegnatori hanno cominciato a frequentare Piazza
Navona, così come la Scalinata di Trinità dei Monti, Via Margutta e per ultima Galleria Colonna, da
qualche anno ribattezzata Galleria Alberto Sordi, non solo per dipingere ma anche per vendere le loro
opere: caratteristiche le caricature, realizzate dagli artisti ai passanti, e da qualche anno si incontrano
e si esibiscono nelle ore serali anche gli artisti di strada.

Altra importante opera architettonica in cui oggi si trova il Museo di Roma è Palazzo Braschi, che nel
XVIII secolo Papa Pio VI fece costruire su progetto di Cosimo Morelli, completato poi da Giuseppe
Valadier.

Il cortile suggestivo, le stanze dipinte con la loro originale decorazione a tempera e i delicati stucchi
espongono oltre centomila tra sculture, incisioni, dipinti, disegni, mobili, carrozze e berline, pezzi di
antiquariato e affreschi in cui rivivere la storia artistica e la vita di Roma dal XV secolo fino all’inizio del
XX secolo.

L’architetto Giuseppe Valadier collaborò alla realizzazione di un simbolo caratterizzante del Palazzo: il
monumentale scalone con le antiche statue adornato con sofisticati rilievi in stucco per i quali
l’autore Luigi Acquisti si ispirò al mito di Achille e all’Iliade.

Ultima curiosità: sulla Piazza, al civico 34, sulla facciata del palazzo è visibile una testa di marmo che
sporge solitaria.

Secondo i racconti popolari, nella metà del Cinquecento Papa Sisto V, travestito da popolano, era
solito confondersi tra la folla per verificare la propria popolarità tra i romani.

Un giorno il Papa entrò in un’osteria che stava sulla Piazza e sentì l’oste che insultava ripetutamente il
Pontefice per via di una nuova tassa che era stata messa sul vino.

Il giorno successivo l’oste trovò davanti alla sua bottega un patibolo e venne immediatamente
arrestato e giustiziato: furono gli amici dell’oste che decisero, in sua memoria, di sistemare una testa
di marmo sul muro, a monito e consiglio a non parlare in modo sconsiderato davanti agli sconosciuti.


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Settembre 2024 © Maria Teresa Protto

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