EDITORIALE DELLA FONDAZIONE

La concertazione come strumento straordinario, non come regola

La concertazione, secondo Pierre Carniti, deve essere uno strumento straordinario e non la regola delle relazioni economiche e sociali.

La concertazione come strumento straordinario, non come regola

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Riformare il mercato del lavoro e garantire diritti a tutti, le proposte di Carniti per un sindacalismo forte e unitario.

Nell’intervista di Sara Farolfi a Pierre Carniti, pubblicata nel luglio 2005 su Il Manifesto, lo storico segretario della Cisl riflette su temi cruciali come la concertazione, la legge 30 e il pluralismo sindacale, offrendo spunti ancora oggi rilevanti. Per Carniti, la concertazione non può essere una prassi ordinaria, ma uno strumento straordinario da utilizzare solo in situazioni di emergenza. Il rischio, altrimenti, è di trasformarla in una "fregatura" per i lavoratori, dove a essere controllati sono esclusivamente salari e pensioni.

Quando serve davvero la concertazione?

Carniti cita esempi storici come gli accordi del 1984 e del 1993. Nel primo caso, l’intesa sulla scala mobile fu limitata nel tempo, dimostrando come la concertazione possa funzionare solo se circoscritta. Nel 1993, l’accordo per l’ingresso della lira nell’euro, benché necessario, evidenziò i limiti di una durata illimitata, con effetti negativi per i salari regolati sull’inflazione programmata, distante da quella reale. Per l’ex segretario, concertare significa impegnarsi in un patto a tre — istituzioni, imprese e sindacati — verificando periodicamente il rispetto degli accordi.

La legge 30 e la precarietà del lavoro

Carniti critica duramente la frammentazione del mercato del lavoro introdotta dalla legge 30, con oltre 40 tipologie contrattuali che, secondo lui, non servono né ai lavoratori né alle aziende. Propone una semplificazione radicale: quattro contratti base (tempo indeterminato, determinato, full-time e part-time) sarebbero sufficienti. Sottolinea, inoltre, l’urgenza di strumenti come gli ammortizzatori sociali per garantire stabilità del reddito tra un contratto e l’altro, evitando il rischio di una società ingovernabile.

L’unità sindacale come necessità

Per Carniti, il pluralismo sindacale non deve tradursi in divisioni paralizzanti. L’unità sindacale è imprescindibile per avere un peso reale nelle decisioni politiche ed economiche. In un contesto di contrattazione, avere ragione non basta: serve la forza per far valere le proprie posizioni. Un sindacalismo diviso rischia di ridursi a un ruolo di lobbying, con scarsa capacità di influire sui processi decisionali.

Contrattazione di secondo livello, un’opportunità, ma non per tutti

La contrattazione decentrata è vista come un’opportunità, ma Carniti avverte che non deve avvenire a scapito della contrattazione nazionale. Quest’ultima, infatti, garantisce diritti validi per tutti i lavoratori, mentre quella di secondo livello coinvolge solo una minoranza (circa il 30%). L’auspicio è di estendere i benefici della contrattazione decentrata a tutti i lavoratori, evitando di creare nuove disparità.

Realismo e pragmatismo

Carniti invita a un approccio pragmatico: se un accordo non funziona, va rinegoziato. La concertazione deve servire a risolvere problemi concreti, non a perpetuare compromessi inefficaci. Allo stesso modo, la semplificazione delle normative sul lavoro e una maggiore unità sindacale sono passi fondamentali per affrontare le sfide di un mercato in evoluzione.

Le riflessioni di Carniti, pur radicate nel contesto storico dell’inizio degli anni 2000, risuonano con forza in un’epoca in cui le trasformazioni del lavoro e le relazioni sindacali continuano a essere temi centrali per il futuro della società.

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foto Pierre Carniti (1936-2018)
wikipedia


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04 Dicembre 2024 © Redazione PANTAREI Fondazione Premio Antonio Biondi

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