EDITORIALE DELLA FONDAZIONE

Berlinguer ti vogliamo bene, oggi più che mai

Il ricordo commosso di Enrico Berlinguer, simbolo della politica come servizio e della questione morale in Italia.

Berlinguer ti vogliamo bene, oggi più che mai

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A 41 anni dalla morte di Enrico Berlinguer, il ricordo vivo di un uomo politico onesto, sobrio e profondamente amato

L’11 giugno 1984, a Padova, si spegneva Enrico Berlinguer, segretario generale del Partito Comunista Italiano, colto da un ictus cerebrale pochi giorni prima durante un comizio. Aveva 62 anni. La sua morte lasciò un vuoto profondo nel cuore di milioni di italiani, non solo tra gli iscritti al partito, ma anche tra coloro che, pur distanti dalle sue idee, ne riconoscevano l’integrità, la sobrietà e il coraggio. Era un’Italia confusa e disillusa, quella degli anni Ottanta, e la sua scomparsa fece sentire ancora più forte il bisogno di una politica fatta di ideali, passione e rigore morale.

Un leader amato oltre le appartenenze

Enrico Berlinguer era qualcosa di più di un uomo politico. Era una coscienza collettiva. Le sue parole — pacate, spesso sussurrate, ma sempre profonde — erano balsamo per un popolo stanco di retorica e di compromessi al ribasso. Nei giorni del suo funerale, a Roma, oltre un milione di persone accompagnò in silenzio e commozione il suo feretro. Non fu solo l’addio a un leader, ma l’omaggio a un modo onesto e appassionato di fare politica.

L’etica prima del potere

Berlinguer ha incarnato un’idea di politica come servizio, come dovere verso la comunità. Celebre fu il suo appello alla “questione morale”, che poneva al centro del dibattito pubblico la necessità di un rinnovamento etico della classe dirigente. Parlava di corruzione, di compromessi inaccettabili, di partiti che avevano perso il contatto con il popolo. E lo faceva con una credibilità assoluta, perché lui stesso viveva con rigore, senza privilegi, senza scorta, con una semplicità disarmante.

Un’idea di comunismo tutta italiana

Durante la sua segreteria, dal 1972 fino alla morte, Enrico Berlinguer lavorò per costruire un “eurocomunismo” che si emancipasse dalla sudditanza all’Unione Sovietica. Guardava all’Europa come a uno spazio democratico e civile, dove il socialismo potesse coniugarsi con la libertà, con i diritti umani, con le istituzioni repubblicane. Il compromesso storico, il dialogo con la Democrazia Cristiana dopo il dramma del terrorismo, fu una proposta per salvare la democrazia italiana dal collasso. Una visione, non un calcolo.

Un’eredità viva nella memoria collettiva

41 anni dopo, Enrico Berlinguer è ancora lì, nei ricordi di chi c’era e nel cuore di chi ne ha scoperto la storia dopo. Ogni 11 giugno, le piazze si riempiono di fiori, di citazioni, di giovani e anziani che ancora pronunciano il suo nome con rispetto e nostalgia. È uno dei pochissimi politici italiani a cui si può dire, con affetto e senza ironia: “Berlinguer ti vogliamo bene”. Un titolo che richiama il film del 1977 diretto da Giuseppe Bertolucci e interpretato da Roberto Benigni, che con ironia poetica aveva già intuito quanto fosse radicato l’affetto del popolo per quest’uomo diverso dagli altri.

Un esempio per chi crede ancora nella buona politica

In tempi in cui la politica sembra sempre più distante, cinica o urlata, il ricordo di Enrico Berlinguer ci costringe a domandarci se sia ancora possibile un’altra via. Una via fatta di coerenza, di studio, di sobrietà, di empatia. La risposta è sì, ma occorre volerla. E coltivarla con la stessa cura con cui lui ha seminato pensiero, partecipazione e dignità.


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Giugno 2025 © Luigi Canali

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